San Giovanni Climaco

Nella quarta domenica della Grande Quaresima, la Santa Chiesa ci invita a meditare su una grande figura della spiritualità ortodossa ovvero di San Giovanni Climaco, dal greco klimakòs (la scala) klimax, che è il titolo del suo più grande componimento, che in occidente è conosciuta come: “la scala del paradiso”. Nato nel 575, la sua grande figura spirituale ha operato in un contesto storico e politico molto complesso in quanto l’impero romano d’occidente era ormai decaduto da un secolo, resistendo unicamente la struttura ecclesiastica che continuava ad essere un solido riferimento per i fedeli sotto l’aspetto missionario, umano e socio-culturale, avvalendosi della fitta rete di monasteri in cui erano presenti grandi personalità spirituali come appunto San Giovanni Climaco. Egli visse sul Monte Sinai, ove Mosè ricevette le tavole dei comandamenti ed ove il profeta Elia udì parlare Dio. La vita di Giovanni è stata scritta dal monaco Daniele di Raito, il quale affermò che il santo venne ordinato monaco all’età di 16 anni sotto la guida spirituale dell’anziano Maritirio. Ma ben presto giunse il desiderio della vita eremitica, che egli visse presso una grotta che si trovava a circa 8 chilometri dal monastero di Santa Caterina. Il suo eremitaggio non venne vissuto come fuga dal mondo, ma come un fervente amore verso il prossimo e verso Dio. Infatti Giovanni di sovente riceveva gente desiderosa di averlo come guida spirituale, nonché come guida alle visite per i vicini monasteri. Ma dopo aver trascorso 40 anni tra lunghe veglie, pianti e lotte contro il demonio, Giovanni venne nominato igumeno del monastero di Santa Caterina, così divenendo guida spirituale di un cenobio. Resse la direzione spirituale del monastero sino a qualche anno prima della sua dormizione, che avvenne nel 650, quando volle tornare alla vita eremitica. La vita di Giovanni si sviluppò tra due monti sacri come il Sinai ed il Tabor, due dei quattro monti ove Dio si manifestò all’uomo, e non è una forzatura senz’altro dire che la luce con cui il Signore irradiò il Tabor, senza dubbio Giovanni la ricevette e la trasmise a tutti coloro che lessero e misero in pratica la sua celeberrima opera: “La scala del paradiso”. Tale opera fu redatta su invito dell’igumeno del vicino monastero di Raito. In essa, Giovanni spiegò come un monaco inizia ad abbandonare il mondo sino a giungere all’amore perfetto percorrendo una scala composta da trenta scalini. Essa può essere suddivisa in tre fasi successive. La prima è quella del ritorno da parte del monaco all’infanzia evangelica, per cui non è sufficiente la rottura con il mondo per l’iniziazione alla salvezza, ma è necessario che il monaco giunga ad uno stato di infanzia mediante il digiuno, la castità e l’innocenza. Inoltre l’allontanamento dai luoghi verso cui il monaco è affettivamente legato, unito all’obbedienza ed all’umiltà con cui dovrà sopportare le prove a cui i confratelli lo sottoporranno, lo renderà: “Beato colui che ha mortificato la propria volontà fino alla fine e che ha affidato la cura della propria persona al suo maestro nel Signore: sarà infatti collocato alla destra del Crocifisso!" (4,37; 704).” La seconda fase è contrassegnata dalla lotta spirituale contro le passioni che Giovanni individua in ogni gradino: specificandole, descrivendole e dando i consigli per combatterle presentando i frutti che si ricavano dalla loro purificazione. Si evidenzia come ne “La scala del paradiso”, la lotta alle passioni non abbia un significato negativo, bensì positivo in quanto grazie al Santo spirito il monaco combatte le suddette passioni con lo spirito d’amore e verità, per cui secondo Giovanni le passioni non sono intrinsecamente negative, ma lo diventano per l’uso negativo che ne fa l’uomo. Infatti, quando le passioni vengono purificate dalla lotta spirituale, esse schiudono all’uomo la via verso Dio con energie unificate dall’ascesi e dalla grazia. L’ultima fase è costituita dagli ultimi sette gradini che possono essere sperimentati solo da parte degli esicasti e dai monaci cenobiti più ferventi che hanno raggiunto uno stato di pace e di silenzio interiore, così da poter giungere alla perfezione cristiana. Tra le virtù evidenziate vi sono la semplicità, l’umiltà ed il discernimento, in linea con i Santi padri del deserto, Giovanni individua nel discernimento il dono più importante, in quanto bisogna comprendere la motivazione sottostante alla condotta, al fine di qualificare quest’ultima e non valutare unicamente la condotta isolandola dal contesto motivazionale. Climaco suggerisce che dopo Dio, il monaco deve seguire la sua coscienza e così vivrà nell’esichìa, così consentendo alla sua anima di affacciarsi sull’abisso dei misteri divini. La quiete ed il silenzio interiore preparano il monaco alla preghiera, che in Climaco è di due tipi: corporea e spontanea. La prima viene effettuata dal monaco mediante il movimento di mani, pianti, gemiti, battimento del petto, ecc.; mentre alla seconda giunge il monaco ormai dedito alla preghiera corporea e si fonda sulla preghiera di Gesù, che viene recitata seguendo il ritmo del respiro sino a diventare un tutt’uno e per coloro che si trovano in uno stato avanzato della suddetta preghiera si nutriranno unicamente del nome di Gesù. L’ultimo gradino della scala ovvero il trentesimo si fonda sulla sobrietà dello spirito che poggia sulle supreme virtù della speranza, fede e della carità. Giovanni invita i cristiani a vivere il cammino spirituale nutrito dall’eros (amore umano) riorientato verso Dio, evidenziando la potenza di questa passione purificata, che più di ogni altra virtù esprime una notevole potenza che consente alla nostra anima di giungere alla perfezione cristiana, quindi Climaco ribadisce la dimensione positiva del cammino spirituale che deve intraprendere ogni cristiano. Tale cammino, inoltre, riposa sulla speranza che è il sostegno nei nostri travagli, che incentiva i nostri sforzi e su cui si fonda la carità e che grazie ad essa noi siamo circondati dalla misericordia di Dio. Infine, la carità, la più grande delle virtù che apre il cuore a Dio ed al prossimo. Climaco termina la sua opera con una conclusione che costituisce la summa del suo insegnamento patristico: “Questa scala t’insegni la disposizione spirituale delle virtù. Io sto sulla cima di questa scala, come disse quel mio grande iniziato (San Paolo): Ora rimangono dunque queste tre cose: fede, speranza e carità, ma di tutte più grande è la carità (1 Cor 13,13)!" (30,18; 1160).” Essa costituisce il fondamento della vita spirituale non solo dei monaci, ma di tutti coloro che sono battezzati in Cristo, essa rivela così la vera comunione in Cristo, morto e risorto. Ancora più importante è il fatto che l’apice della “scala” sia contrassegnato dalle tre virtù fondamentali: fede, carità e speranza. Infatti esse non sono virtù possedute dagli eroi, ma Dio le ha donate ha tutti coloro che sono stati battezzati in Cristo. Per cui la fede ci insegna che dobbiamo andare oltre il nostro io, così da abbandonare la nostra arroganza e la nostra volontà. Ciò dischiude le porte all’umiltà, ovvero a quell’infanzia (innocenza) evangelica tanto proclamata dal Cristo e fortemente ripresa da Climaco. Solo così la nostra anima potrà progredire verso Dio e nutrendoci della speranza, potremo vivere nella fede e così la nostra vita diventerà grande e potremo sopportare le fatiche e le delusioni di ogni giorno, saremo buoni con gli altri senza aspettarci alcuna ricompensa. La carità, infine, è il fondamento della nostra preghiera, essa ci insegna una preghiera semplice desiderosa unicamente di giungere al cuore del Signore. Pertanto, fortificati da questo insegnamento patristico, effettuiamo questa “scalata” ispirati dalla fede, dalla carità e dalla speranza, così giungeremo alla vera vita.

Per le preghiere di San Giovanni, Signore Gesù Cristo, Dio nostro, abbi misericordia di noi e salvaci. Amin!