
Preghiera e Parola
nella Tradizione della Chiesa
"Tu amerai il Signore tuo Dio con tutto il cuore, con tutta l'anima e con tutte le forze. Questi precetti che oggi ti dò, ti stiano fissi nel cuore; li ripeterai ai tuoi figli, ne parlerai quando sarai seduto in casa tua, quando camminerai per via, quando ti coricherai e quando ti alzerai. Te li legherai alla mano come un segno, ti saranno come un pendaglio tra gli occhi e li scriverai sugli stipiti della tua casa e sulle tue porte".
In connessione con il comandamento 
  dell’amore di Dio, il Deuteronomio lega il popolo all’ascolto incessante 
  della Sua Parola. Il Nuovo Testamento che è norma di vita per il popolo 
  messianico, non ha certo inteso né abrogare, né ridurre la forza 
  del comandamento antico.
  La parola di Cristo dimori tra voi abbondantemente; ammaestratevi e ammonitevi 
  con ogni sapienza, cantando a Dio di cuore e con gratitudine salmi, inni e cantici 
  spirituali. 
Riguardo a ciò, la grande tradizione è tanto unanime quanto chiara: dono supremo fatto da Dio alla Chiesa e a ciascuno dei suoi membri, dalla Chiesa e da ciascuno, la Scrittura deve essere accolta con gratitudine e amore, e dalla Chiesa e da ciascuno deve essere letta e ascoltata incessantemente.
  Già dai suoi inizi la vita monastica è segnata da un sovrabbondante 
  contatto con la Parola.
  Per i cenobiti Pacomio prescrive che devono «sapere a memoria, come minimo, 
  il Nuovo Testamento e il Salterio».Questi monaci pacomiani ogni giorno 
  imparavano qualche brano della Scrittura; mentre la lettura diretta delle fonti 
  — sia della Vita di Pacomio (redazioni copte e greche), sia delle Regole, 
  evidenzia il carattere essenzialmente «biblico» della loro vita, 
  tutta custodita nel silenzio e nel lavoro animati dalla ruminazione incessante 
  della parola di Dio mnemonicamente appresa. 
Allo stesso modo, gli eremiti. 
  
  Se Macario — ancora con una certa moderazione — poteva consigliare 
  a monaci negligenti di «imparare a memoria brani del Vangelo e delle altre 
  Scritture, non pochi atleti solitari rivelano anche riguardo a ciò il 
  costume di un impegno senza limiti: «Tutte le Scritture a memoria!!» 
  
Non solo i monaci debbono avere 
  assiduità con le Scritture, ma tutto il popolo.
  I laici, infatti — dice ripetutamente s. Crisostomo — proprio perché 
  ogni giorno maggiormente esposti a subire ferite nell’anima a causa dei 
  loro impegni mondani, in certo senso sono da ritenersi «ancor più 
  bisognosi... del quotidiano farmaco» delle Scritture. Non credano, quindi, 
  che sia scusa valida, per loro, «il non essere monaci, e l’aver 
  moglie e figli e case da amministrare» — quasi che «la lettura 
  delle divine Scritture fosse cosa solo da monaci».”. Anche per essi, 
  infatti, «è dall’ignoranza delle Scritture, che nasce ogni 
  genere di mali»:” perché, «come chi manca della luce 
  materiale non può camminare diritto, così chi non volge lo sguardo 
  al raggio delle divine Scritture inevitabilmente cade spesso in peccato”. 
  
  E ai laici, di fatto, che s. Crisostomo rivolge i più appassionati inviti, 
  e offre i consigli più specifici: prima di tutto — dice — 
  «comperatevi la Bibbia, che è medicina dell’anima — 
  o acquistate almeno il Nuovo Testamento.’ Quelli saranno i vostri maestri, 
  che vi insegneranno di continuo e in modo incomparabile — poiché 
  nessuno è capace di insegnare come lo sono le parole stesse di Dio».
