OBIEZIONE DI COSCIENZA VACCINALE
PER I FEDELI DELLA CHIESA ORTODOSSA
§ Motivazioni strettamente religiose.
Come cristiani eravamo e siamo seriamente preoccupati di
fronte al problema etico dei vaccini Covid-19 e abbiamo proceduto con uno
studio più specifico sull'uso di linee cellulari da embrioni abortiti
per lo sviluppo di diversi tipi di vaccini per il Covid-19 a m-RNA.
In base all’esame scientifico eseguito, per tutti i vaccini COVID-19
già utilizzati o di cui si prevede l'uscita nel nostro paese entro
la fine del 2021, abbiamo appurato che sia durante la ricerca, lo sviluppo,
la produzione e/o controllo dell'efficacia del vaccino sono stati realizzati
utilizzando linee cellulari embrionali di nascituri da aborti.
Particolarmente:
1. Il vaccino Pfizer è stato sviluppato in collaborazione con BioNTech
ed è un vaccino a RNA messaggero (mRNA). L'mRNA viene utilizzato per
produrre la proteina Spike del virus, che causerà la produzione degli
anticorpi. Pfizer/BioNTech codifica il vaccino come BNT162b2.
Pfizer/BioNTech ha utilizzato la linea cellulare embrionale HEK293 (cellule
renali embrionali) nella ricerca, nello sviluppo (creazione) del vaccino,
nonché nel controllo del vaccino, al fine di determinare la produzione
di anticorpi.
Non siamo in grado di sapere se Pfizer/BioNTech continua a utilizzare la linea
cellulare embrionale HEK293 nei continui controlli di qualità del vaccino.
Sembra che non lo stia usando nella sua produzione al momento.
Il vaccino Moderna è un vaccino a mRNA utilizzato per produrre anticorpi
contro la proteina S del virus. Moderna codifica il vaccino come mRNA-1273.
Per la sua produzione Moderna ha utilizzato la linea cellulare HEK293 (cellule
renali embrionali) nella ricerca, nello sviluppo (creazione) e nel controllo
dell'efficacia del vaccino.
Non sappiamo se l'azienda utilizzi la linea cellulare embrionale HEK293 in
continuo controllo di qualità durante la sua fabbricazione, mentre
non sembra utilizzarla al momento nella sua fase di produzione.
3. Il vaccino AstraZeneca è stato sviluppato in collaborazione con
l'Università di Oxford e utilizza l'adenovirus come vettore per la
produzione della proteina spikeSARS-CoV-2 e la produzione di anticorpi. AstraZeneca
codifica il vaccino come ChAdOx1 nCoV-19.
AstraZeneca ha utilizzato la linea cellulare embrionale HEK293 nella ricerca
e nello sviluppo di vaccini e continua a utilizzarla come mezzo di coltura
di adenovirus per l'attuale produzione di vaccini, ovvero le cellule embrionali
vengono utilizzate in tutte le fasi dello sviluppo del vaccino. Ha anche usato
la linea cellulare MRC -5 (cellule polmonari fetali) ad un certo punto della
sua ricerca sul vaccino .
Il vaccino Johnson & Johnson è stato sviluppato in collaborazione
con JanssenResearch& Development, Inc. ed è un vaccino basato su
vettori di adenovirus. Johnson & Johnson codifica il vaccino come Ad26.COV2.S.
La tecnologia AdVac® dell'azienda utilizza la linea cellulare PER.C6 (cellule
retiniche embrionali)
Johnson & Johnson ha utilizzato la linea cellulare embrionale PER.C6 nella
ricerca, nello sviluppo del vaccino e continua a utilizzarla per far crescere
gli adenovirus utilizzati per il vaccino, in tutte le fasi del suo sviluppo
come prodotto finale.
5. Il GamaleyaResearchInstitute (Sputnik V- vaccino russo) utilizza l'adenovirus
(rAd26-S + rAd5-S) come vettore. Utilizza cellule renali embrionali HEK293
nella fase di progettazione e sviluppo, produzione e controllo qualità,
ovvero in tutte le fasi di creazione come prodotto finale.
6. CanSinoBiologics, Inc. Istituto di biotecnologia di Pechino, Accademia
delle scienze mediche militari, PLA della Cina, vaccino cinese. Viene utilizzato
un coronavirus inattivato con un vettore di adenovirus. Utilizza cellule renali
embrionali HEK293 nella fase di progettazione e sviluppo, produzione e controllo
qualità, ovvero in tutte le fasi come prodotto finale.
7. Le informazioni sul vaccino COVID-19 di Novavax dimostrano
che ha utilizzato il processo della linea cellulare di insetto SF9 durante
lo sviluppo del vaccino.
La multimerizzazione è stata osservata durante la valutazione del vaccino
contro diverse forme della proteina spike. I ricercatori hanno progettato
un test nelle cellule HEK-293T per comprendere meglio ciò che avevano
osservato.
https://cogforlife.org/2021/05/12/lets-get-a-few-things-cleared-up-testing-cell-lines-and-fetal-tissue/
Il 17 Aprile 2020 le associazioni americane cristiane contro l’aborto
indirizzata all’organizzazione per il farmaco americano con la richiesta
per la produzione di un vaccino etico contro il virus del covid19 che recita:
It is critically important that Americans have access to a vaccine that is
produced ethically: no American should be forced to choose between being vaccinated
against this potentially deadly virus and violating his or her conscience.
Fortunately, there is no need to use ethically problematic cell lines to produce
a COVID vaccine, or any vaccine, as other cell lines or processes that do
not involve cells from abortions are available and are regularly being used
to produce other vaccines.Scoprire quanto sopra è stato estremamente
doloroso per noi. I fatti scientifici ci hanno turbato e posto di fronte a
seri dilemmi morali. Una preoccupazione simile – come meglio esponiamo
nel successivo paragrafo -si sviluppa in chiunque sia chiamato ad assumersi
la responsabilità sanitaria e intellettuale per l'uso dei vaccini contro
il Covid-19.
Inoltre i vaccini a vettore virale utilizzano un virus (generalmente un adenovirus
incompetente per la replicazione) per portare all'interno della cellula la
sequenza del codice genetico che codifica per la proteina spik.
Anche se viene affermato che non viene modificato direttamente il DNA umano
non esistono sufficienti dati scientifici e comunque interferisce con le informazioni
del RNA umano.
Secondo uno studio le cellule umane possono convertire l'Rna in Dna. È
quanto emerso dai risultati di uno studio dell'università americana
Thomas Jefferson che, se confermati, potrebbero costringere a riscrivere i
libri di biologia perché confutano il "dogma della biologia molecolare",
l'assunto fondamentale della biologia molecolare secondo cui le informazioni
genetiche possano seguire una sola direzione.
Lo studio, condotto sotto la guida di Gurushankar Chandramouly e pubblicato
sulle pagine della rivista specializzata Science Advances.
https://tg24.sky.it/salute-e-benessere/2021/06/14/dna-rna-studio-dogma-biologia
Robert W. Malone, uno dei ricercatori che ha contribuito
agli studi sul trasferimento genico (mRNA e DNA nei vaccini) con oltre 12mila
citazioni dei suoi lavoro, si è inserito nel dibattito scientifico
con un impatto rilevante negli States. Durante l’intervista a Fox News
Malone ha sottolineato che “una delle mie preoccupazioni è che
il governo non sia trasparente con noi su quali siano questi rischi. E quindi,
sono dell’opinione che le persone abbiano il diritto di decidere se
accettare o meno i vaccini”.
https://www.ilfattoquotidiano.it/2021/07/04/usa-uno-degli-scienziati-dellrna-messaggero-denuncia-censurato-da-linkedin-dopo-aver-espresso-preoccupazione-sulla-trasparenza-del-governo-rispetto-ai-potenziali-rischi-dei-vaccini-la-polemic/6249833/
Certamente tutti ci auguriamo di avere una buona salute fisica
ma per coloro che sono di Cristo non è abbastanza avere solo una buona
salute fisica. Quello che cerchiamo è la vita, la vittoria sulla morte
e il Regno di Dio.
L’obbligo vaccinale con vaccini non etici pone seri problemi di coscienza
per il fedele praticante che appartiene alla Chiesa Ortodossa.
Ogni atto medico e di ricerca, per essere secondo l’insegnamento divino,
deve rispettare l’uomo, dal momento del suo concepimento fino alla morte,
in generale,essere secondo la lettera e lo spirito del Vangelo. Per questo
motivo, la scelta di vaccinarsi o no è soprattutto è una questione
etica, spirituale, teologica ed ecclesiastica, e l’accettazione di questi
vaccini, considerando le condizioni della loro produzione, è una caduta
dalla retta fede e vita cristiana.
Per questi motivi è nostra convinzione che:
1. Quelli che procurano i tessuti dai bambini abortiti, sono colpevoli di
cooperare formalmente all’aborto approvandolo e sfruttando l’atto
stesso dell’aborto. Essi sono colpevoli moralmente come lo sono coloro
che cooperano.
2. Sono colpevoli coloro che mettono in commercio, pubblicizzano e distribuiscono
i vaccini derivati. Queste attività sono moralmente illecite, perché
potrebbero contribuire, di fatto, a incentivare l’effettuazione di altri
aborti volontari, finalizzati alla produzione di tali vaccini.
3. Siamo moralmente colpevoli come cristiani se acetiamo una scienza che promuove
una tecnologia genica di questo tipo. Siamo quindi obbligati a evitare di
utilizzare vaccini che si basano su linee cellulari fetali abortite.
4. Secondo la nostra fede l’uomo è stato creato a immagine e
somiglianza di Dio e considerando che i preparati con mRNA vitale - non umano
-potrebbero interferire con il DNA umano e cambiare il genoma umano, dono
di Dio siamo obbligati a respingere un tale trattamento sanitario perché
mette in pericolo il processo di somiglianza con Dio.
Il Concilio Ecumenico Quinisesto o di Trullo con il suo XCI
Canone condanna alla pena prevista per gli assassini le donne (o gli uomini)
che forniscono farmaci per procurare l’aborto, e quelle che assumono
veleni per uccidere i feti.
Il Concilio regionale tenutosi ad Ancyra con il suo XXI Canone condanna a
dieci anni di scomunica coloro che agiscono in modo da procurarsi un aborto.
Il II e il LXXX Canone di San Basilio condanna alla pena prevista per gli
assassini donna che abortisce volontariamente e coloro che collaborano.
Poiché il problema è etico oltre che medico e coinvolge la vita
spirituale e le coscienze delle persone sono intervenute grandi figure spirituali
del mondo ortodosso:
Il più anziano degli abati del Monte Athos l’igumenoPartenios
del Sacro Monastero di Agios Pavlos, l'anziano Gabriele figura di grande prestigio
e spiritualismo e l'ieromonaco Efthimios figlio spirituale di San Paisios
negano il permesso di sottoporsi al vaccino prodotto con tecnologia genica,
non etico per un fedele della Chiesa Ortodossa.
I Vescovi, per citare alcuni,Serafim di Citera, Cosmas di Etolia, Neofytos
di Morfu, Teodosio di Romania e tanti altri.
Martedì 19 maggio 2020, presso la Residenza Metropolitana di Chisinau,
Primate della Chiesa Ortodossa di Moldova, Sua Eminenza il Metropolita Vladimir
si è riunito il Sacro del Sinodo della Chiesa Ortodossa di Moldovasulla
legalità di una eventuale vaccinazione obbligatoria come effetto del
virus SARS-COVID-19 e si è espresso contro l’obbligo vaccinale
. Questa decisione essendo l’unica di un Sinodo della Chiesa Ortodossa
vincola il fedele praticante poiché la Chiesa Ortodossa non è
verticistica ma sinodale. Le decisioni dei singoli prelati rimangono espressioni
personali.
Come cristiani ortodossi non siamo tenuti a obbedire a un prelato, un vescovo
o un sacerdote che prende posizioni che non sono conformi con le decisioni
dei Concili, con l’insegnamento patristico e apostolico. La nostra obbedienza
è al Sommo Sacerdote che è Gesù Cristo, all’insegnamento
e alla Tradizione della Chiesa e alle decisioni dei Concili.
Ricapitolando, nella particolare visione di ogni cristiano ortodosso, noi
reputiamo che l'interesse e il bene spirituale di ciascuna persona devono
avere la precedenza sull'interesse esclusivo della società o della
scienza. (Ne consegue che il bene pubblico non può essere invocato
a danno spirituale di una persona).
Inoltre, qualsiasi effetto distruttivo sulla vita umana, sia direttamente
sotto forma di intervento meccanico o chimico o di altro tipo (es. radiazioni,
ecc.), sia indirettamente sotto forma di privazione delle funzioni di supporto
vitale, riguardante l'essere umano appena formato, e in qualsiasi fase di
sviluppo non può essere accettato dalla morale cristiana.
Nel 2003 ed è stata affrontata dalla Pontificia Accademia
Pro Vita del Vaticano. Quest’ultima, dopo aver dato l’incarico
ad un comitato scientifico, ha risposto in una lettera nel 2005. Lo studio
condotto dall’Accademia è stato approvato e fatto proprio dalla
Sacra Congregazione per la Dottrina della Fede.
Secondo il documento redatto dalla Pontificia Accademia Pro Vita si possono
distinguere tre gradi di cooperazione al male per quanto riguarda la produzione,
la vendita e l’uso di vaccini che utilizzano i resti dei bambini abortiti.
1. Per cominciare, quelli che procurano i tessuti dai bambini abortiti, sono
colpevoli di cooperare formalmente all’aborto approvandolo e sfruttando
l’atto stesso dell’aborto. Essi sono colpevoli come il fidanzato
che paga per l’aborto, l’amica che spinge la donna alla fabbrica
dell’aborto, o l’abortista che esegue la procedura vera e propria.
2. Leggermente staccati da questa cooperazione diretta all’aborto sono
coloro che mettono in commercio, pubblicizzano e distribuiscono i vaccini
derivati. Ma anche queste attività sono moralmente illecite, perché
esse potrebbero “contribuire, di fatto, a incentivare l’effettuazione
di altri aborti volontari, finalizzati alla produzione di tali vaccini.
3. Infine, ci sono i medici e i pazienti che fanno uso di questi vaccini,
anche se conoscono la loro origine. Essi sono autorizzati a utilizzare i vaccini
quando non c’è alternativa disponibile, al fine di evitare rischi
di salute significativi ai bambini e, indirettamente, alla popolazione in
generale. Tuttavia, questo provoca una costrizione morale ai genitori, che
sono sottoposti all’alternativa di agire contro coscienza o mettere
in pericolo la salute dei propri figli. Si tratta di un’alternativa
ingiusta che deve essere eliminata quanto prima.
La Pontificia Accademia conclude, quindi, ricordando il dovere morale di fare
di più che resistere passivamente al male; si deve combatterlo attivamente.
Tutti avrebbero l’obbligo di opporsi con ogni mezzo ai vaccini che creano
problemi morali, facendo pressione affinché vengano preparati vaccini
alternativi .
§ Motivazioni giuridiche
L’entrata in vigore del Decreto Legge 1 aprile 2021, n. 44successivamente
convertito nella Legge 28 Maggio 2021 n. 76 (G.U. n. 128 del 31.05.2021) si
pone quale ulteriore tappa della normativa emanata dal nostro Stato per fare
fronte alla emergenza sanitaria.Tale ultima tappa ha però introdotto
una importante novità, introducendo (art.4) per la prima volta un obbligo
vaccinale per alcune categorie di lavoratori.Ed infatti, tale ultimo Obbligo
vaccinale pone seri problemi di compatibilità con il diritto alla Obiezione
di coscienza, in particolare per tutti i cristiani, per le motivazioni sopra
esposte, nonché in relazione alla tutela della salute in generale,
che ci inducono a fare riferimento ad alcune preliminari considerazioni tra
diritto, morale, religione .L’obiezione morale (o razionale, strictosensu)
è motivata da un precetto della ragione, con esclusione di ogni precetto
religioso o di culto. Essa è la conseguenza di un giudizio della coscienza
sulla natura stessa dell’atto al quale si riferisce, alla luce della
norma morale fondamentale (fare il bene, evitare il male) all’origine
del senso innato della giustizia.L’obiezione religiosa, da parte sua,
risulta da un precetto religioso o di culto, la cui accettazione da parte
della coscienza individuale necessita previamente di un atto di fede e non
si impone dunque da essa stessa alla ragione. Si tratta di una obiezione da
cui si può dedurre la religione dell’obiettore e che intrattiene
con questa un legame diretto, necessario e sufficiente. Anche il Cristianesimo
(come altre religioni) impongono numerose prescrizioni regolanti, negli aspetti
di più concreti, la vita quotidiana dei loro fedeli.
Questa distinzione ha una conseguenza importante: certo, un’obiezione,
che sia morale o religiosa, costituisce sempre un’obiezione di coscienza
perché noi non abbiamo che una sola coscienza, la differenza tra l’obiezione
morale e religiosa consiste in ciò che un’obiezione morale può
pretendere di essere obiettivamente giusta: la sua rivendicazione poggia sulla
giustizia: per esempio, è ingiusto uccidere un essere innocente. Al
contrario, una obiezione religiosa non può pretendere di essere giusta
in sé (per esempio, lavorare il giorno di sabato non è ingiusto
in sé, è empio). La rivendicazione di un’obiezione religiosa
si basa allora non sulla giustizia, ma sulla libertà della persona
di conformarsi alle sue convinzioni religiose. In genere, si conviene che
l’ordinamento giuridico può riconoscere una tale obiezione nella
misura in cui essa miri al rispetto di una libertà o di un diritto
fondamentale e si opponga a un comando che deroghi a questo diritto o a questa
libertà. È il caso dell’aborto, dell’eutanasia o
della guerra, la cui pratica non è possibile che mediante la deroga
al principio fondamentale consolidato del rispetto della vita.E’ innegabile
che la salute è un diritto fondamentale della persona, previsto dall’art
32 della Costituzione, che recita “La Repubblica tutela la salute come
fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività…Nessuno
può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non
per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare
i limiti imposti dal rispetto della persona umana.”
Anche il diritto di professare la religione è previsto all’art.
19 della Costituzione che recita “Tutti hanno diritto di professare
liberamente la propria fede religiosa in qualsiasi forma, individuale o associata,
di farne propaganda e di esercitarne in privato o in pubblico il culto…”.
Tale norma è a sua volta indissolubilmente legata a quella di portata
molto più generale inserita tra i “Principi Generali” (sempre
della Costituzione) nell’art. 2, che tutela i “diritti inviolabili
dell’uomo” tra i quali, nessuno dubita che siano senz’altro
ricompresi – tra i tanti - il diritto alla vita, all’integrità
fisica, all’onore, ed anche quello alla libertà religiosa (cfr.
art. 18 Dichiarazione Universale dei Diritti Umani) in tutte le sue articolazioni
diverse.
La portata dei Princìpi generali contenuti nei primi dodici articoli
della nostra Carta fondamentale è ritenuta sostanzialmente superiore
alle altre norme costituzionali, pure nella loro paritaria collocazione formale.
Si ritiene che esse siano norme cardine di tutto l’impianto costituzionale,
al punto che qualora ne fosse abolita una, tante altre - a quella ideologicamente
collegata - verrebbero a perdere il suo supporto. La ragione di tale teorizzata
superiorità valoriale risiede nella considerazione che tali norme tutelano
l’essenza della persona umana, in ogni potenziale aspetto concreto della
sua realizzazione e svolgimento. La topica delle norme sulla salute e sulla
libertà religiosa quindi porterebbe a ritenere che i diritti inviolabili
dell’uomo vanno tutelati con approccio - anche normativo - anteposto
perfino alla tutela della salute. Il dato sarebbe confermato dalla stessa
formulazione finale dell’art. 32, che si chiude con un divieto da parte
della legge di violare i limiti imposti dal rispetto proprio della “persona
umana”.
L’ordinamento giuridico è per suo proprio ruolo chiamato ad adottare
e mutare delle regole giuridiche, ma in questa attività incontra dei
limiti – anche morali - poiché le regole giuridiche devono essere
iniettate nella collettività senza traumi individuali o sociali, e
senza generare sacche di scetticismo ovvero di pulsioni alla resistenza civile,
ove non si considerassero adeguatamente le interazioni reciproche tra valori
di diverso rango.
In questo quadro, la politica deve fare delle scelte, a volte nette e sofferte,
ma deve sempre mettere al centro del suo operato l’essere umano e le
sue esigenze individuali, contemperandole con quelle della collettività,
ma senza calpestarle.
Siamo per esempio disposti in questo particolare periodo pandemico a rinunciare
alle maggiori conquiste civili degli ultimi secoli (libertà, democrazia,
ripudio dei nazionalismi, riduzione del ruolo dello Stato a favore di principi
e regole universali) barattandole con la maggiore sicurezza e con la salute?
Siamo disposti, per tale ultimo aspetto, a sperimentare e produrre vaccini
travalicando i limiti della morale e della etica? Siamo disposti a creare
categorie di persone che siano avvantaggiate nella fruizione di particolari
diritti (di libera circolazione, di frequenza dei luoghi pubblici) ovvero
ambiti della vita sociale, solo ove vaccinate?
Appare evidente che il neo-introdotto obbligo vaccinale – ed eventuali
altri provvedimenti connessi (la norma prevede il demansionamento e la sospensione
dall’Ordine professionale di appartenenza per chi non ottempera all’obbligo)
– sono destinati a generare problematiche di non poco conto, alcune
delle quali si sono già presentate al vaglio di una loro potenziale
illegittimità.
1. Compatibilità costituzionale dell’obbligo vaccinale
nella recente giurisprudenza costituzionale.
La questione della compatibilità costituzionale delle vaccinazioni
obbligatorie è stata discussa già in un’importante Sentenza
della Corte costituzionale n. 5 del 2018. Con la sentenza de quo, la Consulta
ha avuto modo di pronunciarsi sul tema delle vaccinazioni obbligatorie che
negli ultimi anni è stato tanto contestato dall’opinione pubblica.
Tale contestazione si muove sullo sfondo di una mancata fiducia nella scienza,
che ha avuto quali conseguenze la paura per possibili effetti collaterali
dei vaccini, nonché la postulazione di eventuali speculazioni economiche
che si celerebbero nel fenomeno delle vaccinazioni di massa. La Consulta ha
posto alla base della pronuncia la salute pubblica, tutelata ex. art. 32 Cost.qualeinteresse
della collettività. Dunque, come sono compatibili le vaccinazioni obbligatorie
(e più in generale, i trattamenti sanitari obbligatori) con lo Stato
democratico? In subordine, le vaccinazioni obbligatorie rientrano nella fattispecie
dei trattamenti sanitari obbligatori? Come già rammentato, Se il primo
comma dell’art. 32 della Costituzione tutela il diritto alla salute
sia come diritto individuale, sia come interesse della collettività,
nel secondo comma viene esplicitato che solo la legge può prevedere
determinati trattamenti sanitari senza violare il rispetto della persona umana.
Il trattamento sanitario e obbligatorio è un atto medico e giuridico,
la cui obbligatorietà deriva da una valutazione d’urgenza, ma
rimane comunque un’ingerenza nell’ambito della sfera individuale
che è tollerata dal sistema costituzionale attraverso la predisposizione
di plurime garanzie. Un trattamento sanitario obbligatorio per essere legittimo
deve formalmente, essere previsto dalla legge ed essere determinato; avere
quale finalità la tutela della salute (individuale e collettiva); contenutisticamente
avere quale limite il diritto alla salute individuale e della dignità
umana: non deve essere pregiudizievole per il soggetto che lo subisce, al
di là delle conseguenze accettabili.
Normalmente, gli accertamenti sanitari sono volontari proprio in virtù
del diritto all’autodeterminazione terapeutica (o libertà di
cura). Questo diritto di ultima generazione, si basa su una nuova concezione
del rapporto medico-paziente-istituzioni e, trova il punto d’incontro
nel “consenso informato”, una logica che si scontra con l’obbligatorietà:
per questo, i trattamenti sanitari obbligatori sono una “eccezione alla
regola”, in caso di motivata necessità ed urgenza, qualora sussista
il rifiuto del trattamento da parte del soggetto che deve ricevere assistenza.
Se è vero che le vaccinazioni obbligatorie rientrano a pieno titolo
tra i trattamenti sanitari obbligatori, è anche vero che costituiscono
una forma peculiare degli stessi. L’obbligatorietà può
essere, difatti, espletata attraverso l’uso della forza (coercizione
diretta) o attraverso la previsione di sanzioni a carico del soggetto inadempiente
(coercizione indiretta), ed è questo il caso dell’obbligo vaccinale.
Per le ragioni sovraesposte il ricorso alla vaccinazione obbligatoria dovrebbe
configurarsi, a maggior ragione, solo quale extrema ratio.
2. Obbligo di vaccinazione e libertà di autodeterminazione
terapeutica: l’obiezione di coscienza.
Durante lo Stato d’emergenza anti- Covid-19, lo Stato deve seguire la
logica della libertà di scelta, oppure è configurabile una vaccinazione
obbligatoria? La Corte Costituzionale ha già esplicitato in tempi precedenti
che i “principi costituzionali subordinano la legittimità dell’obbligo
vaccinale alla compresenza di un interesse sanitario individuale o collettivo
non altrimenti tutelabile, in una logica di bilanciamento”. Nella scelta
tra obbligo o raccomandazione entrano in gioco molteplici diritti costituzionali.
Quale potrebbe essere, durante l’emergenza sanitaria, il ragionevole
bilanciamento tra la tutela della salute pubblica e gli altri diritti? Nel
bilanciare i diritti fondamentali, in particolare il diritto alla salute,
il legislatore dovrebbe seguire il criterio già in passato (cfr: caso
Ilva) esplicitato dalla Corte costituzionale: un diritto fondamentale dinanzi
ad un altro diritto fondamentale può soccombere, ma non nel suo contenuto
essenziale. Pertanto, nel caso delle vaccinazioni obbligatorie la tutela della
salute pubblica incontra il suo limite nel nucleo duro del diritto all’autodeterminazione
terapeutica e del diritto alla salute individuale.
Il diritto alla salute individuale ha rilievo nel caso in cui sussistano effetti
collaterali della vaccinazione. Nella recente Sentenza n. 118/2020 la Corte
costituzionale ha riconosciuto l’equo indennizzo anche per le vaccinazioni
raccomandate, quale contrappeso al sacrificio individuale: ha così
legato la ratio dell’indennizzo non all’obbligatorietà
del trattamento, ma allo spirito di solidarietà di chi si sottopone
ad un trattamento sanitario per la tutela della salute pubblica, quale adempimento
del dovere di solidarietà (dovere connaturato dalla reciprocità
fra individuo e società). Questo, assume una rilevanza maggiore nel
caso del vaccino anti Covid-19, il quale, a causa dell’emergenza, ha
subito un’accelerazione dei tempi di sperimentazione, con alcuni casi
di cronaca che avrebbero evidenziato l’insorgenza di casi di morte di
dubbia origine che avrebbero colpito alcune persone poco tempo dopo la vaccinazione.
Il diritto all’autodeterminazione terapeutica (o libertà di cura):
in relazione alle vaccinazioni, una modalità di esercizio della libertà
di cura, è riconducibile anche alla possibile “obiezione di coscienza”.
In tal caso l’obiezione di coscienza si configurerebbe a sostegno dell’esercizio
del diritto di professare un culto, e non a fronte della sola contrarietà
alla scienza. Nell’esercizio della libertà di culto, potrebbero
infatti verificarsi casi di evidente dilemma morale relativo alla contrarietà
ad assumere vaccini che registrino la presenza nei vaccini anti Covid-19 (peraltro
pacificamente riconosciuta dalle case produttrici) di cellule embrionali umane
abortive e geneticamente modificate. Come già ipotizzato, se la libertà
di culto è diritto afferente ai più elevati diritti inviolabili
dell’uomo, il bilanciamento della tutela dei diritti costituzionali
in gioco imporrebbe la difesa della scelta religiosa con prevalenza su quella
normativa di rango legislativo.
D’altra parte l’obiezione di coscienza ha trovato pieno riconoscimento
nel quadro costituzionale del diritto italiano del dopoguerra.
Il processo è iniziato con riferimento al rifiuto dell’uso personale
delle armi “per imprescindibili motivi di coscienza” (l. 15 dicembre
1972, n. 772), che pure si poneva in contrasto con l’art. 52, co. 1
della Costituzione, per il quale “La difesa della Patria è sacro
dovere del cittadino”.
I momenti successivi più importanti sono costituiti dalla l. 22 maggio
1978, n. 194, il cui art. 9 prevede che il personale sanitario ed esercente
le attività ausiliarie non sia tenuto a prendere parte alle procedure
abortive quando sollevi obiezione di coscienza, con preventiva dichiarazione,
nonché dalla l. 19 febbraio 2004, n. 40, contenente “Norme in
materia di procreazione medicalmente assistita”. L’art. 16 contempla
il diritto all’obiezione di coscienza del personale sanitario ed esercente
le attività sanitarie ausiliarie, che va esercitato con preventiva
dichiarazione, precisando che il personale obiettore “non è tenuto
a prendere parte alle procedure per l’applicazione delle tecniche di
fecondazione artificiale”, esonerandolo (con norma analoga a quella
prevista dalla l. 194 sull’interruzione di gravidanza) dalle procedure
e dalle attività specificatamente e necessariamente dirette a determinare
l’intervento; non, invece, dall’assistenza antecedente e conseguente
l’intervento.
Accanto a queste tre fondamentali disposizioni va altresì ricordata
la l. n. 113 del 1993, che detta “Norme sull’obiezione di coscienza
alla sperimentazione animale”. L’art. 1 proclama il diritto all’obiezione
di coscienza per tutti i cittadini che, in obbedienza alla coscienza, nell’esercizio
del diritto alle libertà di pensiero, coscienza e religione riconosciute
dalla Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo e dalle altre Convenzioni
internazionali, non intendono compiere un qualsiasi atto “connesso con
la sperimentazione animale”. Con la semplice dichiarazione, i soggetti
obiettori (medici, ricercatori e personale sanitario, nonché gli studenti
universitari interessati) “non sono tenuti a prendere parte direttamente
alle attività e agli interventi specificamente e necessariamente diretti
alla sperimentazione animale”.
3. La natura dell’obiezione di coscienza
La natura dell’obiezione di coscienza è stata circoscritta dalla
Corte Costituzionale con Sentenza del 16 dicembre 1991 n. 467, che ne ha precisato
la portata in relazione al rifiuto di adempiere al servizio militare. La Consulta
ha dichiarato che, a livello costituzionale, “la protezione della coscienza
individuale si ricava dalla tutela delle libertà fondamentali e dei
diritti inviolabili riconosciuti e garantiti all’uomo come singolo,
ai sensi dell’art. 2 Cost.”.
Esposta questa premessa, di carattere strettamente normativo, da cui emerge
con chiarezza che la protezione della coscienza si evince dal predetto art.
2, la Corte svolge alcuni pregnanti rilievi che danno pieno conto del fatto
che l’ordine giuridico non è autoreferenziale, chiuso all’influsso
dei primi princìpi morali, ma è incardinato nella legge universale
impressa nella coscienza di ogni uomo come memoria indelebile della sua essenza
spirituale.
La protezione costituzionale della coscienza è condizione imprescindibile
per la tutela di tutte le libertà e i diritti dell’uomo perché
ne costituisce il fondamento. Infatti, sempre secondo la Corte costituzionale:
“[…] la sfera intima della coscienza individuale deve essere considerata
come il riflesso giuridico più profondo dell’idea universale
della dignità della persona umana che circonda quei diritti, riflesso
giuridico che, nelle sue determinazioni conformi a quell’idea essenziale,
esige una tutela equivalente a quella accordata ai menzionati diritti, vale
a dire una tutela proporzionata alla priorità assoluta e al carattere
fondante ad essi riconosciuti nella scala dei valori espressa dalla Costituzione
italiana”.
Il riconoscimento dell’obiezione di coscienza è un obbligo di
carattere costituzionale per il legislatore ordinario. La Corte costituzionale
– sempre nella sopra citata sentenza - ha infatti chiarito che, pur
quando spetti al legislatore “[…] bilanciarla con contrastanti
doveri o beni di rilievo costituzionale e a graduarne le possibilità
di realizzazione in modo da non arrecar pregiudizio al buon funzionamento
delle strutture organizzative e dei servizi d’interesse generale”,
tuttavia “la sfera di potenzialità giuridiche della coscienza
individuale rappresenta, in relazione a precisi contenuti espressivi del suo
nucleo essenziale, un valore costituzionale così elevato da giustificare
la previsione di esenzioni privilegiate dall’assolvimento di doveri
pubblici qualificati dalla Costituzione come inderogabili (c.d. obiezione
di coscienza)”.
Il dettato della sentenza è assai pregnante nel punto in cui dichiara
che il valore costituzionale della coscienza individuale va apprezzato in
modo particolare in relazione a “precisi contenuti espressivi del suo
nucleo essenziale”. Il riferimento non può non riguardare quei
contenuti espressivi della coscienza che riguardano gli obblighi di non compiere
gli atti che si configurano come «non ordinabili» a Dio, “perché
contraddicono radicalmente il bene della persona, fatta a sua immagine. Sono
gli atti che, nella tradizione morale della Chiesa, sono stati denominati
«intrinsecamente cattivi» (intrinsecemalum): lo sono sempre e
per sé, ossia per il loro stesso oggetto, indipendentemente dalle ulteriori
intenzioni di chi agisce e dalle circostanze”.
L’aborto volontariamente compiuto è uno degli atti «intrinsecamente
cattivi», semper et ad semper, perché il suo oggetto proprio
consiste nell’uccisione di un essere umano innocente. L’obiezione
della coscienza al compimento di un tale atto è, pertanto, obbligatoria
per chi riconosca in questo atto la distruzione di una vita innocente. E,
in effetti, in corrispondenza a questa consapevolezza, va constatata l’elevatissima
percentuale di medici e di personale ausiliario che in Italia si è
avvalsa della dichiarazione di obiezione prevista dalla legge.
4. I caratteri distintivi della obiezione di coscienza
Le norme che hanno introdotto nel nostro ordinamento le ipotesi di legittime
obiezioni di coscienza presentano i seguenti elementi comuni:
a) l’obiezione di coscienza viene riconosciuta a fronte di un obbligo
giuridico, di natura pubblica o privata: di prestare il servizio militare,
di lavorare il giorno di sabato, di partecipare alle procedure abortive, di
effettuare sperimentazione animale e così via. Esiste sempre un obbligo,
anche se non enunciato espressamente: ad esempio, lo studente universitario
che segue corsi in cui si eseguono interventi di sperimentazione animale sarebbe
obbligato a parteciparvi al fine di superare i relativi esami. La dichiarazione
di obiezione di coscienza solleva l’interessato dal rispetto dell’obbligo.
b) il diritto di sottrarsi agli obblighi della legge avviene in maniera incondizionata:
l’obiettore di coscienza non è in alcun modo gravato dai problemi
organizzativi che possono sorgere dall’esercizio del diritto da parte
sua e di altri soggetti. Ad esempio, l’art. 10 della legge 772 stabiliva
che nemmeno in caso di guerra gli obiettori potessero essere obbligati a prestare
servizio armato, anche se potevano essere ammessi a “servizi non armati,
anche se si tratta di attività pericolose“: quindi lo Stato accettava
il rischio di avere truppe armate ridotte per l’alto numero di obiettori
anche in guerra. Analogamente, la legge 194 del 1978 sull’interruzione
di gravidanza prevede che debbano essere gli enti ospedalieri, le Case di
cure autorizzate e le Regioni ad assicurare l’espletamento delle procedure
abortive autorizzate, senza condizionare in alcun modo il diritto del singolo
sanitario alle problematiche organizzative. Ancora, le Università devono
rendere facoltativa la frequenza alle esercitazioni di laboratorio in cui
è prevista la sperimentazione animale nonché attivare, all’interno
dei corsi, modalità di insegnamento che non prevedano attività
o interventi di sperimentazione animale per il superamento dell’esame.
c) l’obiettore è semplicemente tenuto a svolgere attività
di carattere diverso in sostituzione di quella rispetto alla quale ha sollevato
la dichiarazione: il servizio sostitutivo civile o il servizio militare non
armato ai sensi della legge 772, l’attività lavorativa nel giorno
di domenica per i dipendenti che si avvalgono del riposo sabbatico riconosciuto
dalla legge o ancora, come precisa la legge 413 del 1993, “attività
diverse da quelle che prevedono la sperimentazione animale“.
Lo svolgimento di attività diverse è implicitamente contemplato
in altri casi, come in quello dell’interruzione volontaria di gravidanza.
d) il riconoscimento del diritto consegue direttamente alla dichiarazione,
senza che qualche ente o soggetto possa valutarla e decidere di non ammettere
il dichiarante al regime conseguente. Collegata a tale effetto diretto è
anche la mancanza di motivazione della dichiarazione: l’obiettore, cioè,
non è tenuto ad argomentare sui motivi per i quali egli deve essere
esentato da quello specifico obbligo, in quanto nessuno deve valutare e provvedere
sulla sua dichiarazione, che, appunto, è una dichiarazione e non una
domanda.
e) l’esenzione dalle attività per le quali è stata presentata
la dichiarazione di obiezione di coscienza è assoluta: l’obiettore
è esentato dall’intera attività e le deroghe sono previste
in casi decisamente eccezionali. Ad esempio, l’articolo 9 della legge
194 non smentisce questa impostazione: non solo quando impedisce di invocare
l’obiezione di coscienza in caso di intervento indispensabile per salvare
la vita della donna in imminente pericolo, trattandosi di obbligo di intervenire
coerente con i motivi per cui l’obiezione di coscienza è sollevata
(non collaborare alla soppressione di una vita umana), ma anche quando, nel
selezionare le attività da cui l’obiettore è sollevato,
si riferisce alle “procedure di cui agli artt. 5 e 7 ed agli interventi
per l’interruzione della gravidanza“, precisando che si tratta
di procedure ed attività “specificamente e necessariamente dirette
a determinare l’interruzione della gravidanza“, senza comprendere
in esse l’assistenza antecedente e conseguente all’intervento.
f) l’esercizio dell’obiezione di coscienza non può determinare
nessuna conseguenza negativa per l’obiettore: si tratta di previsione
che dovrebbe apparire ovvia, tenuto conto che l’obiettore esercita un
diritto riconosciuto dalla legge, ma che è ugualmente menzionata in
alcune norme.
La vicenda dell’obiezione di coscienza al servizio militare è
significativa: la legge 772, infatti, discriminava gli obiettori di coscienza,
stabilendo che essi dovessero prestare servizio “per un tempo superiore
di otto mesi alla durata del servizio di leva cui sarebbero stati tenuti“;
questa previsione venne dichiarata illegittima dalla Corte Costituzionale
con la sentenza n. 470 del 1989, con la motivazione che “la differente
durata del servizio sostitutivo rivestirebbe chiaramente quel significato
di sanzione nei confronti degli obiettori che già si è stigmatizzato,
ledendo, altresì, i fondamentali diritti tutelati dal primo comma dell’art.
3 e dal primo comma dell’art. 21 della Costituzione, in quanto sintomo
di una non giustificabile disparità di trattamento per ragioni di fede
religiosa o di convincimento politico e, nello stesso tempo, freno alla libera
manifestazione del pensiero“.
5.L’obiezione di coscienza nella legislazione e nella giurisprudenza
europee
Come ogni libertà, la libertà di coscienza e di religione comporta
due aspetti, – uno positivo e l’altro negativo – che garantiscono
la libertà di agire e di non agire. Nel diritto europeo e internazionale,
il diritto all’obiezione di coscienza è garantito implicitamente
come una componente della libertà di coscienza e di religione nella
sua dimensione negativa. Essa è garantita in particolare dall’articolo
18 del Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici,dall’articolo
9 della Convenzione europea del rispetto dei diritti dell’uomo, dall’art.
10 della Carta dei Diritti fondamentali della U.E.. Questi strumenti garantiscono
«La libertà di coscienza e di religione, ciò che implica
la libertà di avere o di adottare una religione o una convinzione di
propria scelta, di cambiarla, così come la libertà di manifestare
la propria religione o la propria convinzione». Nella norma CEDU (art.
10) è in particolare previsto che “Il diritto alla obiezione
di coscienza è riconosciuto secondo le leggi nazionali che ne disciplinano
l’esercizio.”
La protezione accordata dall’atto finale della Conferenza di Helsinki
(1975) è esplicita nella parte che garantisce il diritto di agire «secondo
l’imperativo della propria coscienza».
La coscienza diviene oggetto di diritti nella misura in cui impone alla persona
dei doveri. Storicamente, il regime dell’obiezione di coscienza è
stato innanzitutto conosciuto come un «dovere» prima di essere
conosciuto come un «diritto».
Nel campo morale, l’obiezione può essere un dovere. Fu nel corso
del processo di Norimberga e, ancora dopo, la caduta del comunismo che l’obiezione
di coscienza è stata riconosciuta come un dovere (CEDH, Polednova c.
Repubblica Ceca, n. 2615/10, 21 giugno 2011), certamente eroico, ma che si
impone alle persone che ricevono un ordine gravemente ingiusto. Lo Statuto
di quel Tribunale militare internazionale, comunemente chiamato “Statuto
di Norimberga”, disponeva: «Il fatto che l’accusato ha agito
conformemente alle istruzioni del suo governo o di un suo superiore gerarchico
non lo sottrarrà alla sua responsabilità, ma potrà essere
considerato come un motivo di diminuzione della pena, se il Tribunale decide
che la giustizia lo esige». (Accordo concernente il perseguimento e
il castigo dei grandi criminali di guerra delle Potenze europee dell’Asse,
RTNU, vol. 82, p. 279, art. 8 . Inoltre, fu formulato questo principio in
questi termini: «Il fatto di aver agito dietro ordine del suo governo
o quello di un superiore gerarchico non elimina la responsabilità del
suo autore nel campo del diritto internazionale se gli ha avuto moralmente
la facoltà di scegliere». La «facoltà morale di
scegliere» è precisamente la facoltà esercitata dalla
coscienza morale.
Gli agenti nazisti e sovietici sono stati condannati per aver obbedito agli
ordini piuttosto che alla loro coscienza. Si tratta in questo caso di autentiche
situazioni nelle quali l’obiezione di coscienza costituisce un dovere
morale e giuridico, al di là e malgrado l’assenza, nell’ordine
giuridico interno, di un diritto positivo all’obiezione.
Ma l’obiezione di coscienza può essere anche un diritto. Bisogna
distinguere tra gli ordinamenti giuridici interni e internazionali. Nell’ordinamento
giuridico interno, il riconoscimento di un diritto all’obiezione di
coscienza è eccezionale e pone un problema perché implica una
contraddizione: uno stesso ordinamento giuridico fissa un obbligo e prevede
la facoltà di esonerarsene dando per ragione che se ne rifiuti la legittimità
stessa.
Questo fenomeno è recente, esso è apparso con la società
liberale poiché questa ammette la coesistenza di due livelli di moralità,
ossia un livello sociale e uno privato.
Le società liberali si caratterizzano per l’affermazione della
tolleranza, vale a dire per l’illegittimità di ogni giudizio
morale ad extra: la moralità di un atto individuale non potendo essere
giudicata che dallo stesso interessato, e non dalla società, né
dagli altri individui. Ne risulta una differenziazione tra una moralità
pubblica e una privata che conduce da una parte la società a depenalizzare
le pratiche «immorali» private, e dall’altra parte, gli
individui a tollerare socialmente delle pratiche che essi riprovano a «titolo
privato».
Ora, se questa tolleranza è indolore per la maggioranza dei cittadini,
essa non lo è per la minoranza riguardata direttamente dalla realizzazione
della pratica in causa; perché, per fare un esempio concreto, una cosa
è tollerare l’eutanasia, un’altra è di doverla praticare.
Se è possibile far coesistere due moralità nel seno di una società
liberale e pluralista, ciò non lo è nel seno di una stessa persona.
Così, la “libertà” che la società liberale
accorda agli individui al riguardo delle pratiche moralmente controverse può
essere equa soltanto se essa garantisce a coloro che le riprovano il diritto
di non essere costretti a concorrervi. La «clausola di coscienza»
garantisce questo diritto, essa è un meccanismo attraverso il quale
la società liberale organizza la coesistenza di due livelli di moralità;
ella è così garante della stessa amoralità della società.
Nell’ordinamento giuridico sovranazionale, l’obiezione di coscienza
è riconosciuta come una modalità di esercizio della libertà
di coscienza nei confronti degli ordinamenti giuridici interni.
Sono stati così garantiti a titolo di libertà di coscienza e
di religione il diritto di rifiutare di partecipare in modo particolare al
servizio militare, all’aborto, all’eutanasia, alla caccia, alla
celebrazione delle unioni omosessuali, a insegnamenti e pratiche religiose,
o ancora il diritto di rifiutare di prestare giuramento sulla Bibbia, di farsi
vaccinare, o ancora di rivelare le proprie convinzioni religiose.
È di fronte all’obbligo di uccidere che il diritto all’obiezione
è più fortemente riconosciuto, al punto di costituire un «diritto
di non uccidere» applicabile in modo particolare al servizio militare
e all’aborto.
Questo diritto è riconosciuto, e non è stato mai messo in discussione
dalle istanze europee e internazionali. Nel 2010 questo diritto è stato
riaffermato fortemente dall’Assemblea del Consiglio d’Europa,
grazie in modo particolare all’azione del deputato italiano Luca Volonté.
In Europa, non si ha conoscenza di alcuna sentenza contemporanea che abbia
condannato un medico per essersi rifiutato di praticare un aborto. Questo
diritto è in linea di principio garantito in tutti i paesi europei,
ad eccezione della Svezia.
Un interessante dibattito riguarda i criteri di valutazione della obiezione
di coscienza. Come cioè distinguere tra i rifiuti di obbedienza, da
quelli che costituiscono una obiezione di coscienza e meritano di beneficiare
della protezione della libertà di coscienza e di religione? E’
utile a tale fine ricordare che dal concetto di obiezione di coscienza e dalla
giurisprudenza discendono tradizionalmente quattro criteri: coscienza –
convinzione – obiezione - legame stretto e diretto tra la convinzione
e l’obiezione:
Bisogna avere una coscienza. L’obiezione di coscienza è necessariamente
una pratica personale, emanante da una persona fisica che dispone dell’uso
della ragione. Una persona che non avrebbe ancora (il bambino) o che non avrebbe
più (il demente o una persona mentalmente suggestionata) tale uso non
saprebbe essere capace di esercitare una vera obiezione di coscienza.
Allo stesso modo, l’obiezione di coscienza non può, quindi, essere
caratteristica di un’associazione di persone, non essendo questa dotata
in sé stessa di ragione. La facoltà per le associazioni di conformarsi
alle loro convinzioni è protetta dalla combinazione della libertà
di coscienza e di religione e della libertà di associazione. Un ospedale
può rifiutare di accettare al suo interno pratiche contrarie alle convinzioni
sulle quali esso è stato fondato.
Bisogna avere una convinzione. L’obiezione trova la sua origine in una
prescrizione della coscienza e non in semplici convenienze personali.
Le convinzioni in causa devono essere delle «convinzioni sincere e profonde,
di natura religiosa o di altra natura» (CEDH, Bayatyan c. Armenia, §
110), secondo la Corte di Strasburgo e il Comitato dei diritti dell’uomo.
Può trattarsi di una convinzione «etica» (CEDH, Chassagnou
c. Francia, § 114, e Schneider c. Lussemburgo, § 80) cioè
morale, o «religiosa» (CEDH, Eweida e altri c. RU, § 108).
La Corte precisa al riguardo che «la parola ‘convinzioni’,
presa isolatamente, non è sinonimo dei termini ‘opinione’
e ‘idee’. Essa si applica a dei punti di vista che raggiungono
un certo grado di forza, di serietà, di coerenza e di importanza»
(CEDH, Folgero e altri c. Norvegia, GC, n. 15472/02, 29 giugno 2007, §
84, v. anche CEDH, Valsamis c. Grecia n. 21787/93, 18 dicembre 1996, §§
25 e 27, e CEDH, Campbell e Cosans c. UK, n. 7511/76,7743/76, 25 febbraio
1982, §§ 36-37). Convinzioni e opinioni sono entrambe il frutto
della coscienza, ma l’opinione non è un giudizio definitivo,
la persona non ne è convinta.
La Corte europea dei diritti dell’uomo precisa ancora che l’espressione
‘convinzioni filosofiche’ riguarda «delle convinzioni che
meritano rispetto in una “società democratica”, [che] non
sono incompatibili con la dignità della persona» (CEDH, Campbell
e Cosans c. UK, § 36). Essa vuol dire, attraverso questo, che delle convinzioni
«spregevoli» non meritano la protezione della Convenzione EDH.
Bisogna avere una obiezione. Non è sufficiente che l’obiezione
sia fondata su delle opinioni, bisogna ancora che l’obiezione stessa
rivesta anche il carattere di una convinzione.
Una persona che rifiutasse una procedura per incoerenza o per opportunismo
non meriterebbe la protezione a titolo di obiezione di coscienza.
Così, la CEDH ha stabilito che l’obiezione deve essa stessa rivestire
i caratteri di una «convinzione che raggiunga un sufficiente grado di
forza, di serietà, di coerenza e di importanza per comportare l’applicazione
delle garanzie dell’articolo 9» (Batyan c. Armenia, § 110.
Essa si riferisce alle sentenze Campbell e Cosans c. UK, § 36, e, a contrario,
alla sentenza Pretty c. UK, § 82).
L’obiezione deve risultare da un «conflitto grave e insormontabile»
tra «un obbligo (…) e la coscienza di una persona o le sue convinzioni».
L’obiettore deve essere spinto al rifiuto, su una questione grave e
priva di scappatoie.
Per quanto riguarda l’obiezione nel campo lavorativo, dopo l’affare
Ladele c. RU (CEDH, Eweida e altri c. UK.), la Corte europea giudica che la
facoltà di cui dispone un dipendente di dimettersi non fa venire meno
alla sua obiezione il suo carattere insormontabile.
Come sottolinea il rapporto delle Nazioni Unite sulla libertà di religione
e di credo, HeinerBielefeldt, «I dipendenti non rinunciano alla loro
libertà di pensiero, coscienza, religione o credo firmando un contratto
di lavoro». Allo stesso modo, l’Assemblea parlamentare del consiglio
d’Europa ha richiamato gli Stati «a difendere la libertà
di coscienza sui luoghi di lavoro» (APCE, Risoluzione 2036-2015), Combattere
l’intolleranza e la discriminazione in Europa, soprattutto quando esse
riguardano dei cristiani, § 6.2.2).
Deve esistere un legame stretto e diretto tra la convinzione e l’obiezione
(Cfr. Bielefeld, Weiner e Ghanea, Freedom of religion). La Corte europea precisa
che «deve essere dimostrata l’esistenza di un legame sufficientemente
stretto e diretto tra l’atto e la convinzione che ne è all’origine
nelle circostanze di ogni caso di specie» (CEDH, Eweida e altri c. RU,
§ 82). Affinché l’obiezione sia seria, deve così
esistere un legame sufficientemente «stretto e diretto» tra il
motivo dell’obiezione e il suo oggetto (Com. eur. DH, Borre Arnold Knudsen
c. Norvegia, dec. n. 11045/84, 8 marzo 1985) in modo che la persona sia moralmente
impegnata dall’azione. Contribuire attraverso le tasse al finanziamento
dell’aborto è più distante e indiretto che praticarlo
direttamente.
6. Gli obblighi dello Stato
Gli obblighi dello Stato variano a seconda che l’obiezione di coscienza
obbedisca a delle prescrizioni di natura morale o religiosa.
Quando l’obiezione è morale, perché essa riguarda un bene
e si oppone a una deroga a un diritto o a una libertà, la società
la deve rispettare in maniera assoluta. Diversamente, sarebbe commettere un’ingiustizia
e una violenza.
Effettivamente, quando la società liberale tollera o depenalizza una
pratica, i poteri pubblici non devono costringere gli individui a concorrervi,
per le ragioni esposte in precedenza.
Così, nel caso di rifiuto di praticare l’aborto, né la
CEDH, né il Comitato della Carta sociale europea, né il Comitato
dei diritti dell’uomo (CDH, V.D.A. c. Argentina, Comunicazione n. 1608/2007,
29 marzo 2011), condannano i medici obiettori. Al contrario, queste istanze
riconoscono il loro buon diritto, almeno implicitamente. Le condanne recenti
della Polonia e dell’Italia hanno riguardato i governi, non perché
essi garantiscono il diritto all’obiezione, ma perché non avrebbero
correttamente organizzato l’accesso all’aborto che essi hanno
liberamente scelto di legalizzare.
Quando l’obiezione è religiosa o ideologica, l’obbligo
dello Stato consiste nel rispettare la libertà religiosa. Secondo la
CEDH, «il verbo rispettare significa ben più che riconoscere
o prendere in considerazione. Più che un impegno negativo, esso implica
nei confronti dello Stato un certo obbligo positivo» (CEDH, Folgero
e altri c. Norvegia).
Bisogna ricordare che l’obiezione di coscienza, in ragione della sua
specificità, merita un livello di protezione più elevato della
manifestazione positiva delle convinzioni religiose: una astensione non può
essere “ristretta”, e forzare a commettere il male è più
grave che impedire di fare il bene.
Quando il rifiuto di agire porta pregiudizio a un terzo, le autorità
pubbliche devono cercare di conciliare i diritti concorrenti in modo che essi
possano coesistere ed essere, entrambi, interamente rispettati. L’ufficio
del giudice dovrebbe allora essere non quello di verificare se lo Stato avesse
dei motivi legittimi per costringere o sanzionare l’obiettore, ma di
verificare se lo Stato abbia preso positivamente delle misure proporzionate
che permettano di conciliare il rispetto della libertà di coscienza
dell’obiettore con gli altri diritti e interessi concorrenti.
Questo approccio si basa sul principio di uguaglianza che vuole che una persona,
per il solo fatto che le sue convinzioni sono minoritarie, non sia oggetto
di un trattamento differente nel godimento effettivo dei diritti dell’uomo.
Questo approccio ha come corollario il principio di non discriminazione. È
al fine di garantire che le minoranze non siano indirettamente discriminate
dalle scelte della maggioranza che lo Stato deve prendere delle misure per
preservare la minoranza. È un modo, per la società, di autolimitare
la sua presa collettiva sugli individui e di restare liberale.
Un’ultima osservazione conclusiva. L’obiezione di coscienza non
è soltanto una modalità di esercizio della libertà di
coscienza, essa è anche un segnale di allerta per tutta la società.
Se numerosi medici, infermieri, farmacisti rifiutassero di praticare un atto,
le autorità pubbliche non dovrebbero cercare di forzarli, ma dovrebbero
interrogarsi sulle cause di questo rifiuto, poiché non è la
legge, ma la coscienza personale che è l’ultimo giudice e testimone
della giustizia.
4. Considerazioni finali
In ragione di quanto sopra evidenziato, é in conclusione auspicabile
da parte nostra che:
a) il diritto di obiezione di coscienza in materia di vaccinazione obbligatoria
– come già fatto per altre materie sensibili a tale esigenza
- venga esplicitamente introdotto nel tessuto normativo delle regole già
emanate, ovvero emanate in futuro. Rivolgiamo in tal senso un accorato appello
al Governo ed al Parlamentoitalianoaffinché adottino ogni opportuna
iniziativa al fine di modificare le normative emesse in relazione all’adempimento
di obblighi vaccinali – ove previsti – in modo da rendere possibile
ai praticanti cristiani l’esercizio del legittimo diritto di obiezione
di coscienza in qualsiasi ambito fosse necessario per il rispetto della loro
libertà di culto;
b) siano eliminate tutte quelle norme che sanciscono una discriminazione indiretta
verso quelle persone, ovvero quei lavoratori, che per motivi di coscienza
scelgono di non aderire alla campagna vaccinale e vengono sospesi dal servizio
ovvero dagli Albi professionali, patendo quindi l’ingiustificata ed
incostituzionale limitazione al loro diritto di lavorare;
c) al fine di garantire comunque agli obiettori il diritto alla tutela della
loro salute senza essere costretti a patire una violenza alla loro coscienza
religiosa, è doveroso che si attivino linee produttive di vaccini etici
che non siano in contrasto con i precetti morali e religiosi che gli individui
intendono rispettare in ossequio ai principi morali e religiosi seguiti dalla
loro libera coscienza.
Auspichiamo che le sopra riportate nostre istanze siano supportate e considerate,
come ci sembra giusto che sia. In caso diverso, ove le iniziative auspicate
non venissero attuate, non escludiamo di adottare opportune iniziative che
raggiungano lo scopo di sollecitare un vaglio della Corte Costituzionale sulla
normativa in questione.
FONTI:
https://cogforlife.org/guidance/
https://lozierinstitute.org/update-covid-19-vaccine.../
https://cogforlife.org/guidance/
https://lozierinstitute.org/update-covid-19-vaccine.../
https://cogforlife.org/guidance/
https://lozierinstitute.org/update-covid-19-vaccine.../
https://www.reuters.com/.../fact-check-lung-tissue-of-an... coronavirus-idUSKBN27W2I7
https://cogforlife.org/guidance/
https://lozierinstitute.org/update-covid-19-vaccine.../
https://lozierinstitute.org/update-covid-19-vaccine.../
https://lozierinstitute.org/update-covid-19-vaccine.../
https://www.romfea.gr/agioritika-nea/41526
https://youtu.be/VJ3MHayQoCQ.
https://www.romfea.gr/.../43565-morfou-neofytos-oyte-exo....
https://mitropolia.md/in-cadrul-lucrarilor-sinodului-bom.../
Cfr.Atti del Convegno:“Coscienza senza diritti?” - 21 ottobre
2017 Roma - Aula del Palazzo dei Gruppi parlamentari della Camera dei Deputati.
Relatori:Mauro Ronco - Professore Ordinario di Diritto penale nell’Università
di Padova;GrégorPuppinck - Direttore del “Centre européen
pour le droit et la justice”- Membro del “Pannello di esperti
dell’OSCE sulla libertà di religione o di convinzione”;Giacomo
Rocchi - Consigliere della Corte Suprema di Cassazione.