La Trasfigurazione di N. S. Gesù Cristo


a Sacra Scrittura ci dice che l’uomo non può vedere Dio e continuare a vivere. Sappiamo già con quale amore e con quali precauzioni Dio si è manifestato a Mosè e ad Elia per non annientarli. Quando Dio passa davanti a Mosè nella spaccatura della roccia, lo protegge con la sua mano. Quando Elia se ne sta davanti all’apertura della roccia, Dio non viene nel vento fortissimo per travolgere, né nel terremoto per distruggere, né nel fuoco per bruciare, bensì nel lieve sussurro, ed Elia è salvo.

Dio ci prepara e ci insegna ad incontrarlo quando il suo Figlio si è incarnato, si è fatto Figlio dell’uomo. Egli non si è mostrato nella sua Gloria, perché gli uomini non sarebbero stati capaci di sopportarlo. Si è fatto simile a loro, a noi, ha assunto la condizione umana, la condizione di schiavo sino alle estreme conseguenze. Niente lasciava trasparire la divinità di Gesù. Nella sua vita ci sono stati soltanto due momenti nei quali si è manifestato come Dio: il momento del Battesimo ed il momento della Trasfigurazione.

Il Battesimo nel Giordano ha rivelato che Gesù è il Figlio di Dio, la seconda persona della Trinità. Giovanni Battista l’ha visto e ne ha reso testimonianza. Alla Trasfigurazione, sul monte Tabor, i tre apostoli, Pietro, Giacomo e Giovanni, hanno visto Gesù risplendere nella sua Gloria divina. Accanto a Lui c’erano due grandi testimoni che avevano visto questa stessa Gloria durante l’Antica Alleanza. Nel giorno della Trasfigurazione essi compaiono per attestare che si tratta di quella stessa Luce, di quello stesso Dio.

Mosè ed Elia stanno lassù, sul monte, come ce lo rappresenta l’icona della festa, e riescono a sostenere la Luce di Dio che mai tramonta, perché durante la vita terrena sono stati, insieme ad Isaia, le uniche persone a cui Dio, dopo la caduta, abbia concesso di vederlo. Elia è sceso dal cielo sul monte Tabor per contemplare Dio fattosi uomo, mentre Mosè, riunitosi con la morte ai suoi antenati, rappresenta coloro che aspettano la venuta di Cristo negli Inferi. Mosè personifica la legge. Con lui Elia viene in nome dei profeti a rendere testimonianza alla divinità di Cristo che è il compimento della Legge e dei Profeti. Al contrario, i tre apostoli riversi per terra fanno parte dell’umanità ancora viva. Nonostante il loro sbigottimento, alla vista del Cristo glorioso si sentono colmi di gioia e vorrebbero fermare questo istante, ma questo non era possibile perché era troppo presto e non erano ancora pronti per l’eternità. Dovevano passare con Cristo attraverso la morte per rivederlo glorioso dopo la Risurrezione.

L’ultimo versetto del racconto evangelico parla di una nuvola luminosa che avvolge gli apostoli, e dalla quale essi sentono una voce proclamare: “Questo è il Figlio mio, che io amo. Ascoltatelo!”. E’ la voce del Padre, la voce che aveva sentito S. Giovanni Battista al momento del battesimo di Gesù nel Giordano. La nuvola luminosa è lo Spirito Santo che avvolge e protegge gli apostoli, perché senza la presenza e l’illuminazione dello Spirito Santo l’uomo non può contemplare la Gloria di Dio. La trasfigurazione è una Teofania come il Battesimo di Cristo. Come San Giovanni anche gli apostoli hanno avuto la rivelazione dell’unico Dio in tre persone.

Il significato generale di questa sublime festa è riassunta in un breve versetto, tratto dall’esperinòs: “In questo giorno, sul Tabor, il Cristo trasformò la natura oscurata di Adamo. Avendola illuminata, la divinizzò”. La semplicità di queste poche parole, come quelle del racconto evangelico, hanno una profondità straordinaria. Come in ogni avvenimento della vita del Cristo e come in ogni festa, qui si ha un compimento e, insieme, una prefigurazione. Questi due elementi appaiono con altrettanta evidenza e forza anche a Pasqua. La Trasfigurazione di nostro Signore Gesù Cristo trasferisce l’esistenza umana nella dimensione gloriosa, mostrando ai tre apostoli vivi dinanzi ai due profeti defunti l’attualità illuminata del passato e dell’avvenire. La Trasfigurazione rivela così il senso intimo del cristianesimo: Il Dio-uomo mostra loro l’uomo divinizzato.

padre Atanasio Marcacci